Mobutu Sese Seko: una dittatura culturale e politica

da | Ago 20, 2024 | Attualità

  1. Mobutu Sese Seko: il dittatore dello Zaire 

Mobutu Sese Seko morì nel settembre 1997 a Rabat, in Marocco, dove viveva in esilio. Ha governato per 32 anni il Congo, passando alla storia come il leader di una dittatura violenta e corrotta, poi rovesciata in una guerra civile.

Gli esordi della storia della repressiva presidenza di Mobutu Sese Seko possono essere ricondotti al cruento colpo di Stato del 1964, che portò all’istituzione di un governo autoritario. Il sistema istituitosi fu caratterizzato da una profonda contraddizione, quella tra l’epurazione di ogni influenza culturale coloniale e il godimento di un notevole sostegno da parte degli Stati Uniti, grazie alle posizioni anticomuniste assunte[1].

Mobutu Sese Seko rivoluzionò il suo Paese, trasformandolo radicalmente. Si impegnò nel contrastare molti elementi della cultura occidentale presenti sul territorio, cambiando il nome da Repubblica del Congo a Zaire e vietando l’uso di nomi occidentali. La promessa di un risorgimento africano lasciò invece spazio a una dilagante crisi economica e intrecciò le fila di una complessa rete di corruzione e paura. Presiedendo il Paese per oltre tre decenni, un periodo di diffuse violazioni dei diritti umani, Mobutu è stato descritto come “l’archetipo del dittatore africano”.

 

  1. Il ritrovo dell’identità africana: l’authenticité  

Nella teoria postcoloniale è possibile rinvenire alcune tracce che chiariscono come la costruzione di un’identità nazionale abbia giocato un ruolo fondamentale nello Zaire di Mobotu. Questo poiché la teoria del post colonialismo fornisce un discorso alternativo che consente di analizzare le eredità del dominio coloniale, delineando il rapporto creato dal persistente dominio e sfruttamento di una regione e della sua popolazione. Si concentra sulla comprensione delle percezioni culturali dell’Occidente e cerca di reinventare queste percezioni creando una consapevolezza interna agli ex Stati coloniali[2].

Con simili intenti Mobutu ha potuto creare un’idea che sfidasse le norme esistenti, rivendicando un’identità basata sulla tradizione e sulla cultura africana. La popolazione venne incoraggiata a mangiare cibo tradizionale e la scena musicale di Kinshasa, famosa a livello internazionale, ricevette un significativo patrocinio statale. Lo stesso accadde per l’arte pubblica. In tutto il Paese le statue di personaggi come Leopoldo, Stanley e Alberto I vennero abbattute per essere sostituite da raffigurazioni altamente moderniste di operai, contadini e monumenti astratti che sembravano suggerire una risposta africana a Picasso o Zadkine.

Ogni abitante dello Zaire, sin dal primo risveglio mattutino, si trovava immerso in questo progetto di authenticité. L’authenticité venne identificata nella consapevolezza del popolo zairese di dover ricorrere alle proprie risorse, recuperare i propri valori ancestrali, al fine di contribuire a un processo di sviluppo naturale e armonioso. Rappresentava il rifiuto dell’adozione cieca di ideologie importate, ribadendo la necessità di autoaffermazione dell’uomo zairese, nella sua essenza pura e semplice, il suo carattere e le sue strutture mentali e sociali[3].

Tale concetto si manifestava ridefinendo i nomi di strade e quartieri, nell’autenticità dei pasti serviti fino agli spettacoli televisivi serali[4]. Difatti, vennero cambiati i nomi delle città di origine belga (lo stesso Congo diventò Zaire) e furono aboliti i nomi cristiani, imponendo quelli tradizionali[5]. Lo stesso generale cambiò il proprio nome, Joseph Désiré divenne «Sese Seko Kuku Ngbendu wa za Banga», dal significato di «guerriero irresistibile, che andrà di conquista in conquista lasciando il fuoco dietro di sé».

Venne inoltre incoraggiato lo stile tradizionale e autentico degli abiti, la cui massima espressione divenne l’abacost, uniforme simile a quella di Mao Tsetung, che sostituiva giacca e cravatta della foggia occidentale.

L’authenticité è stata per molti versi un grande successo. Ha avuto un impatto su quasi tutti gli aspetti della vita quotidiana in Zaire e ha effettivamente alimentato un senso di nazionalismo e di unità identitaria che avrebbe potuto gettare le basi per un importante ringiovanimento nazionale.

Ciononostante, pur riconoscendo il tentativo di rimodellare il Paese secondo un passato idealizzato e costruito, non bisogna dimenticarne le implicazioni: una massiccia riduzione dei diritti dei cittadini in materia di libertà di espressione e di autodeterminazione.

 

  1. Gli orrori della dittatura 

La promessa dell’eliminazione degli errori della colonizzazione lasciò presto spazio agli orrori della dittatura. La visione afrocentrica inneggiata su un piano ideale, ovvero di ritorno a valori tradizionali africani, si tradusse in un sistema di fallimenti e misfatti, cieco agli interessi del popolo africano del Congo. Le misure politiche negli anni ’90 sono state, in sostanza, un tentativo deliberato di ostacolare lo slancio verso la democrazia. Inoltre, l’ostruzionismo del dittatore – promosso al fine di conservare lo status quo – è stato percepito come una prova del suo tentativo di distogliere il proprio popolo dalla ricerca dell’armonia e della pace della popolazione.[6] 

La corruzione pervasiva e il saccheggio delle risorse nazionali fecero guadagnare al regime di Mobutu il soprannome di “cleptocrazia”[7]. Questi fattori aggravarono la crisi economica, che raggiunse il suo apice agli inizi degli anni ’90. Mobutu ottenne così un posto tra i leader più ricchi al mondo, accumulando un patrimonio stimato in 4 miliardi di dollari, cifra pari al debito estero del paese. Parte del denaro proveniva dal supporto delle potenze occidentali, che offrirono a Mobutu il capitale, i rifornimenti e l’assistenza diplomatica necessari per mantenere la sua presa autoritaria sul Congo, soddisfacendo al contempo l’agenda della Guerra Fredda dell’Occidente in Africa[8].

Ogni dissenso politico e malcontento popolare veniva brutalmente represso. Il Movimento Popolare della Rivoluzione (MPR) divenne il più alto ente dello stato, e non lasciava spazio per l’opposizione. Gli studenti congolesi costituirono una forma di opposizione, ribattezzando l’MPR come “Mourir Pour Rien” (Morire per nulla). Ispirati dalle proteste francesi del ’68, rivendicavano maggiore partecipazione e una distribuzione più equa delle borse di studio, scontrandosi con la polizia. La reazione di Mobutu fu drastica: schierò l’esercito, ordinò di sparare sui manifestanti e condannò i leader a 20 anni di carcere. Il prezzo da pagare per manifestare liberamente il proprio pensiero si traduceva nell’infelice destino di chi veniva giustiziato pubblicamente o recluso nelle prigioni di stato[9].

Il leader dell’unico partito dello Zaire, grazie alla posizione anticomunista assunta, ottenne il sostegno dell’Occidente e i fondi per combattere gli oppositori nei Paesi adiacenti.

Nel 1988, George Bush, di ritorno da un viaggio d’affari per garantirsi l’esclusiva sull’estrazione del cobalto in Congo, elogiò Mobutu come «il più valido alleato di Washington in Centro Africa». Tuttavia, con la caduta del Muro di Berlino nel 1989 e la fine della Guerra Fredda, le diplomazie occidentali dovettero rivalutare le proprie alleanze. L’appoggio manifestato a un dittatore accusato di feroci atrocità non poteva più essere giustificato. Fu così che, il 24 aprile 1990, Mobutu, a causa di pressioni politiche, dovette aprire al multipartitismo e permettere maggiore libertà politica.

Mobutu meeting with President Ronald Reagan, 1984. Source: The Reagan Files

Nel settembre 1996, una rivolta etnica causata dalle ripetute violazioni dei diritti umani divampò nella parte orientale dello Zaire. Questa si trasformò rapidamente in una ribellione nazionale contro gli anni di dominio del presidente Mobutu Sese Seko. Non dovrebbe quindi sorprendere che, al momento della caduta di Mobutu, la cravatta, un tempo simbolo dell’occidentalizzazione e del colonialismo, fosse diventata un potente simbolo di protesta politica contro il regime… Fu così che il 17 maggio 1997, un’alleanza di ribelli sostenuta da Ruanda, Uganda e Angola assunsero il controllo di Kinshasa, la capitale, appena un giorno dopo la fuga di Mobutu. L’alleanza ripristinò rapidamente il nome del Paese precedente al 1971, Repubblica Democratica del Congo, e nominò un nuovo governo[10].

La fuga di Mobutu poneva fine all’ultimo rapporto di alleanze della guerra fredda di Washington in Africa.

 

  1. L’impegno di Magic Amor 

Gli sforzi collettivi delle ONG nella regione sono indispensabili per ricostruire la memoria dei civili, portando avanti la propria azione di difesa a sostegno dei diritti umani. La memoria è un valore fondamentale che ci permette, giornalmente, di non dimenticare le atrocità avvenute in passato. Solo tramite l’educazione, lo studio e l’assistenza a bambini e ragazzi possiamo salvaguardare la memoria della popolazione della RDC. Il diritto di coltivarla significa impegnarsi nel non ripetere gli stessi errori e aver sempre chiari quali siano gli obiettivi futuri: la libertà, la pace, la protezione dei diritti umani e l’ausilio ai meno fortunati. Senza memoria non c’è alcuna prospettiva. 

Questi obiettivi sono essenziali per Magic Amor, che li mette in azione con progetti concreti. Difatti, il centro polivalente situato nella zona meridionale di Kinshasa si compone anche di una scuola primaria e secondaria (la scuola Rocco Campagna), al fine di trasformare lo studio, un privilegio in alcune aree della RDC, in un diritto accessibile a tutti. La scolarizzazione ricopre un ruolo fondamentale nella socializzazione e nella formazione di bambini e adolescenti, e insegna loro a vivere in armonia gli uni con gli altri.

Scopri come puoi impegnarti a fianco della nostra comunità per portare aiuto e speranza nel cuore della RDC visitando il sito www.magicamor.org. Sostieni la nostra missione e aiutaci a costruire un domani migliore per la RDC.

Anita Salbitani 

 

* At article’s start: Portrait of Mobutu Sese Seko, Former President of Zaire. Source: The Guardian

 

[1] Bailey, T. (2024). Mobutu Sese Seko: The Rise and Fall of Congo’s Infamous Dictator. [online] TheCollector. Available at: https://www.thecollector.com/mobutu-congo-great-dictator/.

[2] Menon, S. (2016). The Creation Of A Nationa Identity: Constructions And Representations With A Case Study On Mobutu’s Zaire. [online] Available at: https://open.uct.ac.za/server/api/core/bitstreams/5a9cacfe-6339-40fe-9a96-6ee7fecd840c/content.

[3] Ekanga Botombele , B. (1976). Cultural Policy in the Republic of Zaire . [online] Paris: The Unesco Press, pp.55–72. Available at: https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000019083.

[4] Janyszek, F. (2019). The Politics of Legitimation under Mobutu – Innovative Research Methods. [online] Innovative Research Methods. Available at: https://innovativeresearchmethods.org/the-politics-of-legitimation-under-mobutu/.

[5] Peta Ikambana, J.-L. (2006). Mobutu’s Totalitarian Political System. Routledge.

[6] Ibid.

[7] (Antonini, A. (2005). Mobutu: il regime indifendibile. [online] Kimbau. Available at: https://www.peacelink.it/kimbau/a/10575.html.

[8] Lock, J.B. (2010). Death at birth: The political, economic and social impact of the decolonization and perpetual, neocolonial control of Congo. [Thesis] Available at: https://core.ac.uk/download/pdf/232965167.pdf.

[9] Bellocchio, D. (2022). Lo Zaire di Mobutu, dal colpo di stato alla guerra mondiale africana. [online] InsideOver. Available at: https://it.insideover.com/schede/storia/il-congo-di-mobutu-dal-colpo-di-stato-alla-guerra-mondiale-africana.html.

[10] Collins, C.J.L. (1997). Zaire/Democratic Republic of the Congo – FPIF. [online] Foreign Policy In Focus. Available at: https://fpif.org/zairedemocratic_republic_of_the_congo/.

 

 

 

 

 

 

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