Repubblica Democratica del Congo: L’evoluzione di un nome

da | Ago 18, 2024 | Attualità

1. Introduzione e contesto storico

L’evoluzione del nome della Repubblica Democratica del Congo rispecchia la complessa storia e le dinamiche politiche che hanno segnato il Paese nel corso del XX secolo. Innanzitutto, bisogna ricordare che il termine “Congo” deriva proprio dal fiume Congo, che scorre per gran parte del territorio dell’Africa centrale, attraversando quasi interamente l’attuale RDC e il Congo-Brazzaville.

Nel periodo precoloniale, quando i confini attuali non erano ancora delineati e i piani di colonialismo europeo non erano stati pienamente attuati, la parte sud-occidentale del Paese era sotto il dominio del Regno del Congo[1]. Altre zone, invece, erano organizzate in diverse entità statali e strutture sociali, come ad esempio i regni delle popolazioni Luba e Lunda,  oltre a gruppi etnici autonomi e aree sotto l’influenza di popoli e regioni limitrofe.

Alla fine del XIX secolo, il continente africano fu spartito arbitrariamente tra le varie potenze europee. L’odierna RDC fu assegnata al re Leopoldo II del Belgio e rinominata ‘Stato Libero del Congo’. In seguito a incessanti pressioni diplomatiche internazionali, il monarca belga fu costretto, nel 1908, a cedere l’amministrazione della regione al governo belga, trasformandola nel ‘Congo Belga’. L’indipendenza fu concessa solo nel 1960, con la nascita della ‘Repubblica del Congo’, seguita da un periodo di forte instabilità politica. Nel 1971, il dittatore Joseph-Désiré Mobutu ribattezzò il Paese con il nome di ‘Zaire’. Dopo l’esilio di Mobutu nel 1997, il generale Laurent Kabila prese il potere, ripristinando definitivamente il nome ‘Repubblica Democratica del Congo’[2].

 

2. Il periodo coloniale e la sua eredità: Stato Libero del Congo e Congo Belga

Il territorio del bacino del fiume Congo non fu esente dalle ambizioni coloniali delle potenze europee alla fine del XIX secolo. Le attuali Repubblica Democratica del Congo e la Repubblica del Congo, furono rispettivamente colonie belga e francese, stabilite durante la Conferenza di Berlino, avvenuta tra il 1884 e il 1885[3]. In quell’occasione, i rappresentanti dei principali Paesi europei assegnarono deliberatamente le terre che ogni Stato avrebbe ottenuto come possedimento coloniale, ignorando i confini geografici o le differenze etniche delle regioni. Per questa ragione, il nome assegnato alla colonia sotto il controllo personale di Leopoldo II, ovvero Stato Libero del Congo, risulta piuttosto ironico, poiché “Libero” non è un termine appropriato per descrivere la realtà della situazione del tempo.

Questa entità politico-amministrativa era di fatto un possedimento personale del re e non una colonia statale. Il monarca, infatti, già dal 1876 indagò le possibilità di un’espansione coloniale, inviando e finanziando delle spedizioni esplorative lungo il fiume Congo, condotte da Henry Morton Stanley[4]. Dopo la scoperta delle grandi ricchezze naturali del Congo, il successo della Conferenza di Berlino diede inizio ai piani di sfruttamento delle popolazioni e delle risorse locali. Il commercio del caucciù, presente in grande quantità nel territorio, diventò particolarmente fruttuoso e redditizio grazie alla nascente industria degli pneumatici. I congolesi furono costretti a lavorare in condizioni di semischiavitù, solo per il lucro personale del re, giustificato dal paternalismo europeo che pretendeva di ‘civilizzare’ le popolazioni indigene. Ciò che era richiesto agli abitanti era la raccolta di materiali preziosi e del caucciù, in quantità minime prestabilite, e la costruzione di ferrovie sotto minaccia di mutilazioni o morte. Le vittime di questa brutalità si stimano fra i 10 e i 20 milioni solo tra il 1885 e il 1908, configurandosi come un vero e proprio genocidio, nonché come un cambio radicale della struttura economica e sociale del Paese.

Tali atrocità furono parzialmente riconosciute dalla comunità internazionale, specialmente da USA e Gran Bretagna[5], costringendo Leopoldo II a cedere nel 1908 il controllo personale del Congo. Il territorio passò così da un possedimento privato a una colonia statale, ponendo fine al dominio diretto del sovrano belga. Tuttavia, in qualità di re e massimo rappresentante del Belgio, Leopoldo II continuò a esercitare la sua autorità sulla popolazione, vanificando di fatto ogni possibilità di miglioramento. L’unico vero cambiamento fu il nome: Congo Belga. La modifica rifletteva sicuramente meglio la realtà coloniale e i soprusi subiti.

 

3. L’indipendenza e la nuova Repubblica del Congo

Il dominio oppressivo di Leopoldo II non sarebbe durato in eterno. Durante i due conflitti mondiali, che misero in evidenza le vulnerabilità degli Stati europei, emersero nella colonia intensi sentimenti nazionalisti, influenzati anche dalle proteste in altre colonie limitrofe. Uno dei primi movimenti di spicco fu l’ABAKO, guidato da Joseph Kasavubu, che pubblicò nel 1956 un manifesto rivendicante l’indipendenza immediata del Congo Belga. Nel 1958 fece la sua comparsa un’altra  figura di rilievo: Patrice Lumumba, fondatore del Mouvement National Congolais (MNC), primo partito politico a livello nazionale[6]. Allarmato da questa ondata di nazionalismo, il governo belga convocò tutti i partiti congolesi a Bruxelles per analizzare un possibile cambio politico. Il 30 giugno 1960, alla colonia fu concessa l’indipendenza. Il Paese assunse la forma di una repubblica, da cui deriva il nome scelto per l’inizio di una nuova era: Repubblica del Congo.

Le prime elezioni nazionali, avvenute nel maggio 1960, videro Lumumba come favorito, ma nonostante la maggioranza ottenuta, egli non riuscì a formare una coalizione. Il compromesso fu una delicata collaborazione con Kasavubu come Presidente e Lumumba come Primo Ministro. Tuttavia, il destino della rinata Repubblica del Congo fu segnato da gravi difficoltà: le costanti tensioni tra i due leader, il persistente desiderio del Belgio di mantenere la sua influenza e le richieste di secessione delle regioni del Katanga e Sud Kasai alimentarono accesi conflitti interni. La crisi sfociò in una guerra civile, mettendo ancora più in luce le problematiche dell’eredità del passato coloniale. Il 12 luglio dello stesso anno, i leader congolesi chiesero l’intervento dell’ONU per difendere l’integrità territoriale del nuovo stato, a seguito del supporto del Belgio alla secessione del Katanga. Iniziò così la missione dell’ONU denominata ONUC, a difesa dell’unità territoriale dello Stato congolese[7]. Insoddisfatto dal lavoro delle Nazioni Unite, Lumumba cercò assistenza militare anche dall’Unione Sovietica, nonostante l’opposizione di Kasavubu. La decisione di Lumumba collegò il contesto congolese alla Guerra Fredda, aggravando ulteriormente la situazione, storicamente conosciuta come la Crisi del Congo. Il Paese, frammentato in quattro parti (Katanga, Kasai, la parte Orientale e la regione della capitale Leopoldville), fu travolto da un’instabilità totale e cadde sotto l’influenza di interessi e interventi internazionali, culminando con il colpo di stato del generale Joseph-Désiré Mobutu il 25 novembre 1965.

 

4. Il piano di “Africanizzazione” e il ritorno alle origini: lo Zaire di Mobutu e la Repubblica Democratica del Congo

La presa di potere di Mobutu, considerato una delle figure più controverse e tiranniche dell’Africa contemporanea, cambiò radicalmente la storia del Congo. Una volta al potere, Mobutu avviò una serie di riforme politiche significative che trasformarono la Repubblica in una dittatura militare. Dopo aver fatto assassinare tutti i suoi avversari politici, tra cui l’ex-Presidente Kasavubu e l’ex-Primo Ministro Lumumba, il generale fece reprimere brutalmente ogni protesta e tentativo di dissenso[8]. Proibì tutti i partiti politici di opposizione, mantenendo solo il suo Mouvement Populaire de la Révolution (MPR), chiuse il Parlamento e ridusse le province a nove, affidandone la gestione ai suoi fedeli collaboratori.

Nei primi anni del suo regime, il piano  economico sembrò avere una spinta notevole. Vennero finanziati diversi progetti infrastrutturali, tra cui la Grande Inga, prima diga sul fiume Congo. Nuovi quartieri della capitale vennero costruiti, dotati di accesso a elettricità e acqua potabile. Grazie alle vaste risorse minerarie del Paese, tra cui diamanti e uranio, molto ricercato per la costruzione di armi nucleari, la spinta economica di Mobutu sembrò inizialmente funzionare, anche se per i pochi privilegiati vicini al dittatore.

Nel 1971 ebbe luogo una trasformazione fondamentale con l’inizio del piano di “africanizzazione” di Mobutu, segnato dal cambio del nome del Paese in Zaire. L’obiettivo era creare un sentimento nazionalista panzairese, eliminando ogni tipo di tribalismo e emancipandosi dall’Occidente e dal doloroso passato coloniale. Anche la capitale subì un cambiamento, cambiando denominazione, da Leopoldville a Kinshasa, e il generale stesso adottò il nome di Mobutu Sese Seko.  Il termine Zaire, scelto come simbolo di autenticità, era un altro modo per riferirsi al fiume Congo. Tuttavia, il nome era solamente una deformazione portoghese della parola Kikong “nzadi” o “nzere”, che significa “fiume”[9].

Figura 3 – by Wikimedia Commons, Mobutu  e il Principe Bernhard 

Pertanto, sotto questo aspetto, l’intento di  Mobutu di riscoprire e valorizzare le origini africane, contrapposte a quelle europee, non fu pienamente raggiunto. Molte restrizioni furono comunque attuate sulle usanze occidentali, come la musica o la moda.

Ad ogni modo, la volontà di separarsi dalle nazioni occidentali era solo superficiale. Il dittatore, fin dalla sua ascesa, era appoggiato e sostenuto dalle maggiori potenze dell’Occidente, in particolare dagli Stati Uniti. Mobutu era infatti considerato una figura capace di contrastare l’avanzata del socialismo in Africa, al contrario di Lumumba. Sebbene volesse far credere al suo popolo di essere simbolo vero dell’indipendenza africana, il presidente non era altro che un alleato fedele dei leader statunitensi e francesi, interessati alla posizione strategica e alle ricchezze naturali congolesi.

Il sostegno delle grandi economie, però, non bastò a salvare un sistema in crisi. Già alla fine degli anni ‘70, i prezzi aumentarono notevolmente e la popolazione iniziava a mostrare i primi segni di scontento. Il collasso economico e la povertà crescente alimentarono i conflitti etnici, che Mobutu aveva cercato di attenuare con il sentimento nazionalista. All’inizio degli anni ‘90, le tensioni etniche in Katanga si riversarono  sulla minoranza Luba, ma il peggio arrivò con la guerra civile nel vicino Ruanda. Nel 1994, in Ruanda, la maggioranza Hutu uccise 800.000 persone, tra Hutu moderati e Tutsi, senza che vi fosse un intervento della comunità internazionale. Quando la situazione si capovolse e i ribelli Tutsi presero il controllo, un grande esodo degli Hutu, inclusi gli artefici del genocidio, si diressero verso lo Zaire. Nel 1994, Mobutu accolse circa un milione e mezzo di Hutu ruandesi, complicando nuovamente la fragile situazione della nazione.

Non appena le forze ribelli Tutsi presero il controllo della capitale ruandese, il nuovo presidente, Paul Kagame, si preoccupò della situazione dei campi profughi al confine con lo Zaire. Consapevole di non essere in grado di dichiarare una nuova guerra, Kagame sostenne i Tutsi zairesi, perseguitati da alcuni anni nella regione del Kivu, contribuendo ulteriormente alla destabilizzazione della regione. Questa instabilità aumentò quando, due anni dopo, il governatore del Sud-Kivu ordinò a tutti i profughi di lasciare la regione.

In questo contesto drammatico, il militare Laurent Désiré Kabila[10] sfruttò la crisi dei rifugiati per tessere alleanze e accordi con i Banyamulenge, tribù Tutsi ben integrata nella zona del Kivu. Kabila divenne capo delle forze ribelli, formando l’Alleanza delle Forze Democratiche di Liberazione del Congo-Zaire (AFDL) e segnando l’inizio della Prima Guerra del Congo. Il gruppo rivoluzionario aveva come scopo neutralizzare i campi profughi e rovesciare il regime di Mobutu.

Il 17 maggio 1997, Kabila e il suo esercito presero Kinshasa, costringendo l’anziano Mobutu all’esilio in Marocco. Il generale si auto proclamò nuovo Presidente e, come segno di rottura dal precedente regime dittatoriale, riprese il nome che Lumumba e gli altri leader indipendentisti avevano dato al Paese. Tuttavia,  il nome originario, Repubblica del Congo, era stato adottato dal confinante Congo-Brazzaville nel 1992. Di conseguenza, Kabila ribattezzò la nazione, che per trent’anni era stata dominata da un dittatore, includendo anche l’aggettivo “Democratica”, dando vita al nome definitivo: la Repubblica Democratica del Congo.

 

5. Magic Amor: educare alla storia per un futuro consapevole

Questo ricco e complesso patrimonio storico-culturale è di vitale importanza per comprendere l’attualità della Repubblica Democratica del Congo. Magic Amor riconosce la necessità di valorizzare ed educare i giovani sulla loro storia, affinché essi possano costruire il loro futuro con consapevolezza, consci degli avvenimenti del passato. Il diritto all’istruzione è uno dei valori fondamentali sostenuti da Magic Amor, fin dalla sua fondazione nel dicembre 2002. Ad oggi, più di 15.000 bambini hanno beneficiato dell’istruzione fornita dai centri educativi gestiti o finanziati dall’organizzazione. In particolare, la scuola primaria e secondaria Rocco Campagna, parte del centro polivalente a Kimbuta, si dedica alla formazione dei bambini e dei ragazzi, spiegando loro anche le ragioni storiche dell’evoluzione del nome del loro Paese, strettamente legata a precise dinamiche sociali e politiche.

Per questo motivo, è essenziale che nessuno venga escluso dal percorso scolastico. La scuola deve essere un luogo libero e inclusivo, dove i nuovi talenti e potenziali vengono coltivati e protetti, perché la conoscenza è potere, un potere che permette di cambiare le proprie condizioni. Inoltre, Magic Amor si impegna quotidianamente a garantire un’educazione priva di discriminazioni di genere, permettendo anche alle giovani donne di creare il proprio futuro in modo autonomo.

   Figura 4 – by Grace Mansita

Per sapere come Magic Amor valorizza il patrimonio culturale congolese, nei suoi centri educativi e non solo, o per scoprire come anche tu puoi fare la differenza, visita il sito www.magicamor.org.

Giulia Vanotti

 

*Figura 1 – by Enough Project

 

[1] Treccani, Repubblica Democratica del Congo. Available at: https://www.treccani.it/enciclopedia/repubblica-democratica-del-congo/ 

[2] Name Explain (2021), Why did Congo change its name to Zaire (and then changed it back again)? Available at: https://www.youtube.com/watch?v=m6kJNPmwOWQ

[3] GeoMagazine, Le due repubbliche del Congo. Available at: https://www.geomagazine.it/2021/02/22/le-due-repubbliche-del-congo/#:~:text=Dopo%20il%201997%20il%20paese,al%20nome%20dei%20due%20stati.

[4] Società Missioni Africane (SMA), Il colonialismo belga in Congo, saccheggi e soprusi. Available at: https://www.missioniafricane.it/il-colonialismo-belga-in-congo-saccheggi-e-soprusi/

[5]  Treccani, Repubblica Democratica del Congo. Available at: https://www.treccani.it/enciclopedia/repubblica-democratica-del-congo/

[6] Eco Internazionale (2020), Lumumba e l’indipendenza Repubblica Democratica del Congo. Available at: https://ecointernazionale.com/2020/12/lumumba-indipendenza-repubblica-democratica-congo/

[7] Università di Padova (2023), Il Ruolo delle Nazioni Unite nella Crisi del Congo (1960-1963). Available at: Il ruolo della Nazioni Unite nella Crisi del Congo

[8] Portale storico della Presidenza della Repubblica, 23 novembre 1965 – Mobutu al potere in Congo. Available at: Archivio Quirinale

[9] InsideOver (2022), Lo Zaire di Mobutu, dal colpo di stato alla guerra mondiale Africana. Available at: Lo Zaire di Mobutu

[10] Centro Astalli, Scheda Paese 3 – Repubblica Democratica del Congo. Available at: https://www.centroastalli.it/attivita-nelle-scuole/finestre-focus/guerre-dimenticate/scheda-paese-3-repubblica-democratica-del-congo/

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